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Langosteria: una rivoluzione in 16 metri quadri

Una storia di ricerca, intuizione e testardaggine; il racconto quasi incredibile di come è nata la cucina di uno dei più noti ristoranti milanesi.

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È il 2015. Milano si dibatte ancora tra quelli che saranno gli ultimi colpi di una crisi durata un decennio, ma è pur sempre la città più vitale d’Italia: un posto in cui le opportunità non mancano mai, per chi ha cuore e testa. Un uomo esce da un famoso ristorante di cucina cinese, uno dei più rinomati della città. Un posto in cui i ravioli vengono serviti con lo champagne.

Cammina pensieroso; ha in testa idee contrastanti ma forse, per la prima volta da qualche tempo a questa parte, una sembra avere preso il sopravvento sulle altre.

L’uomo è Enrico Buonocore, ed è il patron di uno dei successi della ristorazione Milanese: Buonocore ha aperto nel 2007, Langosteria, un locale dal format innovativo in zona Tortona (via Savona).

Langosteria è un fine dining divenuto subito punto di riferimento per la movida milanese, che fa del menù a prevalente base di crostacei (Langouste – Osteria) e di un’imponente carta dei vini i centri della sua proposta. Tre anni prima, nel 2012, Buonocore ha bissato il suo successo con Langosteria Bistrot, aprendo a pochi metri dal suo primogenito una versione più informale dello stesso concept.

Ora però deve fare una scelta importante, perché ha la possibilità di spostarsi di due chilometri in linea d’aria a Nord Est: via del Corso, Il centro del centro, a un passo dal Duomo; la zona più internazionale, più famosa, più caratteristica della città. Si libera un locale perfetto per dimensioni e posizione, il modo giusto per fare il passo giusto: il concept di Langosteria può allargarsi ad una clientela ancora più cosmopolita, può arrivare ad una vetrina di rilevanza mondiale.

A pensarci c’è quasi da aver paura, ma Buonocore ha bene in mente i suoi punti di forza: le materie prime; un’equipe capace; una carta dei vini sorprendente. E poi lui ha una visione, parte con una base di clientela e le metrature del locale, piuttosto ridotte, gli permettono di ricreare quel clima di intimità che ha fatto la fortuna degli altri suoi ristoranti.

Ha già il piano: un posto dalle caratteristiche estetiche importanti, con cucina a vista, un respiro casual pur restando di alto livello. È tutto in ordine: la creatività per l’allestimento della sala, le scelte per il menù, l’organizzazione dell’accoglienza.

Ha un solo problema. 16 metri quadrati.

Non uno di più: questo è lo spazio che ha a disposizione per la parte operativa, per il blocco cucina.

Pochi, maledettamente pochi per un prodotto che richiede passaggi di lavorazione articolati e complessi. Maledettamente pochi per una brigata di cuochi di 8 unità che deve lavorare sotto gli occhi dei clienti. Da settimane quei 16 metri sono un chiodo fisso per Buonocore: sono davvero pochi.

Stasera però è un po’ più sereno. Solo un po’. Stasera riesce finalmente ad immaginarsi i suoi Chefs, Sous-Chefs e gli aiutanti muoversi in quello spazio in modo armonico. Ha visto una cucina nel ristorante da cui si sta allontanando. Una cucina in poco meno di 16 metri quadrati. Una cucina a vista. Ci ha visto la brigata dei cuochi lavorare attorno, precisa, affiatata, rapida.

Sa chi ha prodotto quella cucina, e domani li chiamerà.

È cominciato così il rapporto tra Enrico Buonocore e Marrone: da una serata in un rinomato ristorante cinese dove Buonocore aveva cenato e Marrone realizzato il blocco cucina. Il rapporto oggi è tra Marrone e Langosteria Holding, che controlla i tre ristoranti di Langosteria a Milano (più quello stagionale nella baia di Paraggi a Santa Margherita Ligure), ma questa è un’altra storia, che forse si può lasciare per un altro momento.

Langosteria Cafè, così si chiama oggi quello che nel 2015 era solo il progetto di un imprenditore ambizioso, e adesso è uno dei punti di riferimento della Milano culinaria.

Adesso Fabio Ferrandino sorride, pensandoci. Lo fa come lo farebbe un alpinista ricordando una vetta conquistata. Fabio fa l’account in Marrone; gestisce clienti e progetti, trova soluzioni. Parla con i clienti finché non è chiara la strada da prendere. Con Enrico Buonocore il processo è stato lungo e articolato. Come quasi sempre, è cominciato tutto con una telefonata. Di lì, pomeriggi interi a sviscerare il problema: anche con una cooking suite del tutto progettata su misura, completamente studiata nell’ergonomia, lo spazio a disposizione per le funzionalità del monoblocco e per i movimenti dei cuochi era davvero ridotto. Poi, un giorno, l’illuminazione, anche grazie all’intervento di Denis Pedron e Mimmo Soranno, gli Chefs di Langosteria: avrebbero dovuto mappare i passaggi di trasformazione compiuti da ogni membro della brigata su ogni piatto, per tutte le ricette del menù.

Sembrava un’idea folle all’inizio, eppure mano a mano che si addentravano nell’analisi era apparsa come l’unica soluzione.

Attraverso questo passaggio avrebbero capito non solo la posizione esatta da dare a ciascuna funzionalità del blocco cucina, ma anche come disegnarne l’aspetto esterno in modo da favorire un flusso armonico di movimenti tra i cuochi al lavoro. Per Fabio, come spesso gli capitava, sarebbe stato un lavoro al di là del design su misura; un’operazione che si sarebbe addentrata fino al cuore delle operazioni del cliente.

La cosa aveva richiesto giorni, molti tentativi ed anche qualche vicolo cieco. Il team di progettazione di Marrone ed il team di Buonocore avevano condiviso idee e dubbi, passi avanti e ripensamenti, e alla fine la strada era stata tracciata:

La cooking suite aveva preso forma su carta e si apprestava ad essere realizzata.

In quel momento i responsabili della cucina avevano espresso un dubbio; un dubbio all’apparenza banale, un dettaglio sulle prime poco significativo: sarebbe bastata l’aerazione indotta dagli aspiratori a garantire il microclima e contemporaneamente la neutralità dell’aria rispetto agli odori di cucina? Il progetto prevedeva i migliori sistemi di aspirazione, tuttavia un ulteriore sopralluogo avrebbe dato il responso finale.

Il locale ha una doppia entrata; il blocco cucina dovrebbe essere posizionato al centro delle correnti interne. Durante il sopralluogo Enrico e Fabio spalancano le porte, girano per il locale. Si fermano e pensano. Alla fine la scoperta: molto probabilmente le correnti interne rendono insufficiente una semplice aspirazione.
Fabio si attacca al telefono, l’intera sede viene mobilitata. In una manciata di giorni, una squadra composta da specialisti di Marrone, fornitori esterni ed esperti è al lavoro sulla questione. Si tratta di un problema articolato, dove ogni variabile ne implica altre. Lame d’aria. Questa è la soluzione che il team propone; un sistema di lame d’aria che costruisca un muro di correnti tutto intorno all’area operativa, per bloccare al suo interno ogni odore indipendentemente dalle condizioni climatiche interne o esterne.

Il giorno dell’apertura Langosteria Cafè è tutto esaurito. E così per settimane.

Oggi Langosteria Cafè è diventata il biglietto da visita internazionale di Enrico Buonocore. Un fine dining nel quale è necessario prenotare con largo anticipo per avere un tavolo, ma in cui l’esperienza culinaria è al massimo livello. La realizzazione della cooking suite si è rivelata un successo: il ripensamento della sequenza delle attività ha consentito a Buonocore di ottimizzare personale e tempi, ottenendo uno dei ristoranti di alta cucina a più rapido turnover di clientela per serata nel panorama milanese. Il sistema di lame d’aria sviluppato è diventato un modello di riferimento.
Il Legame tra Marrone e Langosteria Holding continua tuttora, ed ha portato alla revisione delle cucine di Langosteria via Savona e di Langosteria Bistrot, facendo delle realizzazioni per questi locali alcuni dei fiori all’occhiello del design Marrone.

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